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Sanctae Justae / Santa Giusta

Concilio regionale (13 nov. 1226)

 

Il concilio regionale di Santa Giusta, che si svolse il 13 novembre 1226, fu presieduto dal legato papale Goffredo dei Prefetti di Vico e vide la partecipazione dei tre arcivescovi metropoliti della Sardegna Mariano di Cagliari, Gianuario di Torres e Torchitorio di Oristano e del vescovo di Santa Giusta Pietro de Martis. Esso era stato fortemente voluto da papa Onorio III per dare applicazione ai decreti del concilio Lateranense IV e per riaffermare la sovranità della Sede Apostolica in Sardegna. Il papa mirava soprattutto a contrastare l’influenza pisana di Ubaldo e Lamberto Visconti che attraverso politiche matrimoniali e azioni militari dominavano sui giudicati di Cagliari, Gallura e parte di quello d’Arborea: un dominio vasto circa tre quinti dell’isola. I 27 canoni del concilio riguardavano diverse materie: l’elezione dei vescovi e dei metropoliti, non più di competenza unicamente dei capitoli cattedrali, ma con l’intervento, possibile ma non strettamente necessario, dei suffraganei nel caso dell’elezione arcivescovile e del metropolita per l’elezione dei primi. Dovevano essere messe al bando le interferenze del potere laico, le liti e la pratica della simonia; il candidato, almeno trentenne, doveva avere pubblica fama di moralità, onestà e adeguata istruzione. La scelta degli ammessi agli ordini sacri era di competenza del vescovo, che però doveva avere l’assenso dei laici nel caso di chiese o cappelle in regime di patronato. In ogni caso non potevano essere eletti candidati pisani o legati al comune di Pisa senza uno speciale privilegio papale o del legato apostolico, in caso contrario le elezioni erano da considerarsi nulle, gli elettori e chi aveva conferito il beneficio erano automaticamente sospesi dal proprio per due anni. I candidati dovevano essere di condizione libera e se venivano ordinati senza disporre di un patrimonio ecclesiastico ne dovevano possedere uno proprio adeguato alla dignità che andavano a ricoprire. Non dovevano essere ordinati i figli dei sacerdoti e gli illegittimi senza le necessarie cautele per arginare la dilagante impudicizia del clero. Per arginare l’ignoranza del clero e il disordine morale si stabiliva di assicurare la presenza in ciascuna delle tre sedi metropolitane di un doctorem in grammatica e di concedere sussidi per finanziare gli studi nelle università della penisola italiana degli ecclesiastici più idonei. Si prescriveva inoltre per il clero sardo la tonsura, il taglio regolare dei capelli, vesti chiuse, e il divieto di portare la barba. Fino al secolo XI la Sardegna doveva apparire una terra bizantina a tutti gli effetti con un clero che scriveva in greco, seguiva il rito greco e dipendeva dal patriarca di Costantinopoli. Il processo di latinizzazione avviato dalla Sede Apostolica con l’introduzione del rito romano (21 aprile 1092) e la sostituzione dei monaci basiliani con i vittorini di Marsiglia non doveva essersi ancora pienamente compiuto nel 1226.

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Lit.: Nuovi studi su Onorio III; SANNA, Onorio III e la Sardegna; TURTAS, Cura animarum; Dizionario Storico Sardo, 1509; TURTAS, Università di Sassari; Onorio III, in: EP II (2000), 362 [S. Carocci/M. Vendittelli]; TURTAS, Storia della Chiesa, 272-282; ZICHI, Gli statuti conciliari sardi; DizCon 5 (1966), 84-87 [O. Alberti]; MELIS, Arborea; FILIA, Sardegna cristiana, II, 75-81; SOLMI, Costituzione sociale.

 

Demontis, Luca

Januar 2020

 

Empfohlene Zitierweise:

Demontis, Luca, “Sanctae Justae / Santa Giusta: Concilio regionale (13 nov. 1226)" in: Lexikon der Konzilien [Online-Version], Januar 2020; URL: http://www.konziliengeschichte.org/site/de/publikationen/lexikon/database/3694.html